Le radici della “cura”

Attraverso il cammino che conduce all’autoguarigione è possibile scoprire, anzi riconoscere, che lo star bene è un diritto e una possibilità reale; che il nostro organismo è in grado di mantenere e ritrovare il proprio equilibrio qualora vengano create le condizioni giuste per farlo. La verità ulteriore ci insegna che i veri nemici di noi stessi siamo noi e, in realtà, una delle nostre più grandi paure è proprio quella di stare bene.  

 

Alle radici della “Cura”

Un primo approccio al senso profondo del termine “cura” lo troviamo percorrendo le sue radici etimologiche. Il termine deriva dal latino cura ed era inizialmente usato in un contesto di relazioni di amore e di amicizia: esprimeva l’atteggiamento di attenzione e premura nei confronti di una persona amata o di un oggetto di valore.

In quest’ottica, la cura sorge solo quando l’esistenza di qualcuno ha importanza per me. Comincio allora a dedicarmi a quella persona, mi dispongo a divenire partecipe del suo destino, delle sue ricerche, dei suoi successi e delle sue sofferenze… in senso esteso, della sua vita.

Potremmo dunque definire la cura come stato di presenza, che permette al terapeuta e alla persona che va ricercando la “cura” di accedere ad un campo di risorse dove la cura è insita… UN CAMPO CHE CURA, appunto.

In quanto terapeuta, durante le sedute mi occupo di creare le condizioni affinchè questo campo possa emergere, insieme a tutte le sue qualità: uno spazio condiviso di ascolto e accettazione incondizionata, un campo unitivo che contiene me, l’altro e la relazione che ci unisce, e che sarà poi il contenitore, la dimensione della cura nel corso della terapia (P.L. Lattuada 2012). Mi pongo al servizio e faccio in modo che la persona percepisca questo campo di attenzione alla cura, che è il primo e forse il principale ingrediente che consente le trasformazioni che avvengono in un setting di cura.